medicina estetica

Fillers semipermanenti

WhatsApp

Introduzione

Questo però è vero relativamente, in quanto l’invecchiamento dei tessuti è fisiologico e mantiene la sua naturale evoluzione indipendentemente dall’impianto di un filler. Inoltre, l’esperienza con questi prodotti, che sono stati commercializzati sia puri che miscelati in vari modi e proporzioni con vettori riassorbibili di diversa tipologia, ha dimostrato che spesso l’incidenza degli effetti collaterali di queste molecole è superiore ai benefici che apportano.
In questa categoria di prodotti comprendiamo fondamentalmente due classi di materiali, che andremo a considerare insieme:

  • Il PMMA o polimetilmetacrilato, che si presenta sotto forma di microsfere veicolate da sostanze riassorbibili;
  • Il PMA o poliacrilamide (o poliacrilammide), che si presenta sotto forma di gel trasperente

l’invecchiamento dei tessuti

Tuttavia, rispetto ai più semplici acidi ialuronici e similari, questa categoria di prodotti si distingue per un altro importante fenomeno che si verifica nelle settimane successive all’impianto: essa è in grado di sviluppare e stimolare una specifica risposta biocellulare. In questa maniera, parallelamente al riassorbimento delle molecole iniettate, si verifica una stimolazione di produzione di nuovo collagene ed elastina che in parte si sostituiscono alla degradazione del prodotto.
Il risultato è un effetto estetico di riempimento più durevole rispetto ai fillers riassorbibili, con un effetto di ridensificazione del derma che nei prodotti riassorbibili non si vede.
In questa categoria di prodotti comprendiamo due classi di materiali:

  • L’idrossiapatite di calcio, filler ormai noto da più di 20 anni nel campo della medicina in generale e della chirurgia maxillo-facciale e plastica in particolare;
  • L’acido polilattico, che solo impropriamente è considerato un filler, dato che in realtà non nasce per avere un potere di riempimento dei tessuti, tuttavia agisce da potente biostimolatore dermico.

Polimetilmetacrilato

Fillers semipermanenti

?

Tra i materiali parzialmente riassorbibili o meglio semipermanenti la prima categoria di molecole comparsa in Italia è il Polimetilmetacrilato o PMMA.

Si parla di materiali parzialmente riassorbibili perché costituiti dalla miscela di una sostanza permanente, veicolata da sostanza lentamente riassorbibile. Una volta riassorbito il veicolante, la componente non riassorbibile dell’impianto diventa permanente.

Il PMMA è noto in Italia ed in Europa in generale come filler col nome commerciale di ArtecollDermalive e Dermadeep.

Il PMMA si presenta sotto forma di microsfere bianche, la cui dimensione varia dai 30 a 80 micron, che possono essere perfettamente rotonde e lisce oppure irregolari e testurizzate a seconda dei prodotti, tenute in sospensione da un gel veicolante che può essere collagene (con necessità di test cutaneo per le allergie e comunque rischio di sensibilizzazione nel tempo) oppure acido ialuronico, o addirittura gel di polivinile. I vari prodotti commerciali a base di PMMA si differenziano proprio sulla base di queste composizioni.

La componente sintetica – il polimetilmetacrilato – è permanente, mentre il veicolante viene riassorbito in tempi e modi specifici per ogni singolo materiale utilizzato; il processo di neocollagenesi che queste microsfere creano, nei 2-4 mesi successivi all’impianto, serve a incapsulare le microsfere stesse di PMMA e a renderle stabili nell’effetto finale. È come se si creassero nella sede di impianto delle finissime microprotesi, che vengono incapsulate morbidamente dal tessuto collagenosico che si forma intorno. La neocollagenesi è parte importante dell’effetto dell’impianto di PMMA e lo caratterizza.

Chiaramente l’utilizzo di questa tipologia di materiali presuppone la presenza di un operatore specialista, e quindi per l’utilizzo di questi fillers è molto importante rivolgersi ad uno specialista di fiducia che sia esperto nella scelta e nell’utilizzo dei vari materiali, anche perché nel tempo i materiali semipermanenti si sono dimostrati incompatibili con tutti gli altri prodotti da impianto, anche riassorbibili.

L’utilizzo dei filler con queste caratteristiche è molto diminuito col passare degli anni. Il numero e l’entità delle complicazioni riscontrate, ne hanno progressivamente ristretto l’uso, in favore di altri prodotti indubbiamente più maneggevoli. Chiaro che molte di queste reazioni avverse erano legate ad un utilizzo improprio della sostanza.

Effetti indesiderati tipici dell’utilizzo di PMMA sono: la palpabilità e l’indurimento locale del prodotto, accompagnati o meno dalla formazione di noduli infiammatori dolorosi, infezioni anche dopo anni dell’impianto, granulomi da corpo estraneo.

È riconosciuto che molecole con queste caratteristiche possano generare reazioni del sistema immunitario che, pur se contenute, possono prolungarsi nel tempo e senza che se ne possa definire una reale durata. In parte questo può contribuire a stabilizzare l’impianto, ma anche a generare le complicazioni a cui si è fatto riferimento.

Il primo atto medico, o chirurgico che sia, è sempre quello dell’indicazione. Quindi capacità di intercettare i desideri dei pazienti e porre la corretta indicazione nell’utilizzo di questi prodotti, specialmente se semi-permanenti o permanenti.

L’utilizzo di biomateriali è sempre controindicato in presenza di lesioni della cute, di natura infettiva o anche semplicemente infiammatoria. Allo stesso modo in pazienti portatori di patologie del sistema immunitario l’uso di PMMA va valutato con attenzione. In caso di presenza di Herpes Virus e delle sue tipiche lesioni, qualsivoglia trattamento, che non sia la cura locale delle lesioni, deve essere evitato.

La presenza nel contesto di un tessuto da trattare di un filler di qualunque natura, in particolare se permanente o semi-permanente, controindica fortemente l’utilizzo di PMMA.

Se nel distretto oggetto del trattamento risulta dall’anamnesi la presenza di un prodotto riassorbibile, la logica dice di attendere il suo totale riassorbimento, allo scopo di non sovrapporre correzione a correzione. Il successivo venire meno del primo impianto, cambierebbe la fisionomia della zona interessata, con possibilità che si manifestino asimmetrie o disomogeneità nell’ambito dell’area che abbiamo voluto correggere.

La tecnica di iniezione del prodotto è denominata tunnelizzazione. In pratica il prodotto viene iniettato in una sorta di piccoli tunnel ottenuti tramite il movimento dell’agocannula. L’impianto si posiziona attraverso un movimento retrogrado.

Il corretto sito di iniezione del PMMA è il derma profondo dei tessuti molli e non è consigliata una ipercorrezione con l’utilizzo del PMMA.
È ammessa, almeno teoricamente, la possibilità di rimuovere in tutto o in parte l’impianto di PMMA, nel caso insorgano complicazioni, o nel caso il paziente non si dimostri soddisfatto del risultato estetico ottenuto. Si tratterebbe, però, di un vero e proprio atto chirurgico, il cui esito non è affatto certo. Si tratta di prodotti permanenti, che devono essere considerati non rimovibili, ancorché in minima parte questo sia possibile.

L’impianto di questi prodotti viene eseguito in ambulatorio, non si rende necessaria alcuna forma di ricovero. Chiaramente si tratta di prodotti che devono essere utilizzati da personale che si sia familiarizzato con il loro utilizzo, richiedendo essi alcune accortezze in più rispetto a filler di minore consistenza.

Questo tipo di preparazioni non contengono anestetici al loro interno. Per questo motivo l’iniezione può essere ritenuta dolorosa. Per ovviare a questo inconveniente si possono utilizzare pomate anestetiche che vanno però applicate almeno un’ora prima del trattamento.

La durata del trattamento è di pochi minuti, è poi possibile rientrare al lavoro o comunque dedicarsi alle proprie comuni occupazioni. Si manifestano generalmente arrossamento e turgore di breve durata, che non possono non dipendere anche dal materiale iniettato e dalla manualità dell’operatore.
Le reazioni di maggiore portata sono assai rare e vanno immediatamente fatte presente al medico che ha eseguito il trattamento.

Se il nostro obiettivo, nostro e del paziente sia chiaro, è quello di ottenere tanto un effetto di riempimento, quanto quello di volumizzare i tessuti, il PMMA è certamente una molecola atta agli scopi che ci prefiggiamo.

Il grande problema, se non vogliamo usare questo termine diciamo pure – il limite – nel servirci di molecole a carattere permanente, è insito nella loro stessa efficacia. Indubbiamente la “possibilità” di non doversi sottoporre a ritocchi, sedute di rimodellamento e quant’altro, è per i pazienti estremamente vantaggioso. Il limite però è quello di “non poter sbagliare il colpo” dal momento che non sono disponibili reali antidoti che possano riportare la situazione allo stato “quo ante”.

Essere cauti e particolarmente esperti nel maneggiare il prodotto, potrebbe non bastare. Dobbiamo sempre ricordare che i tessuti invecchiano, anche se noi coi nostri trattamenti riportiamo all’indietro l’orologio del tempo e quindi la necessità di “prevedere” per quanto possibile questo aspetto, vogliamo chiamarla lungimiranza, non deve mancare.

Una molecola con queste caratteristiche ha nella profondità dei tessuti molli la sua “destinazione” di impianto. Il rischio legato a un utilizzo troppo superficiale è quello di rendere l’impianto percepibile, tanto alla vista, quanto al tatto, oltre all’aumento del rischio di complicazioni.

Un elemento che differenzia le microsfere di PMMA dal PMA è la capacità del primo di stimolare la produzione del collageneneocollagenesi in termine tecnico. Caratteristica che invece le molecole di PMA non possiedono.

Le classiche aree di “competenza” delle molecole di PMMA sono le regioni zigomatiche, sempre con impianto profondo, addirittura sovraperiosteo. Anche il contorno mandibolare si giova del trattamento con il PMMA, per finire coi solchi naso labiali, nei casi in cui essi risultino particolarmente accentuati.

Il PMMA non va utilizzato per la volumizzazione delle labbra, in quanto, data la sua caratteristica di essere finemente granulare rischierebbe di vedere avvertita la sua presenza. Ne disegna però assai bene il contorno, sempre a patto di utilizzarlo non in sede superficiale.

Il prodotto non deve invece essere utilizzato nella regione periorale, in particolare per il trattamento delle rughe di questa regione, esattamente come non è proponibile il suo impiego nella zona perioculare e, in generale, per tutte le rughe fini. La logica di un impianto destinato ad un uso profondo, non può che essere antitetica a quella del trattamento di una cute sottile, o di zone del viso altamente mobili, in cui è facile provocare una iperstimolazione del tessuto collagenico come risposta infiammatoria. In questi casi infatti è poi facile “vedere” l’impianto sotto forma di grumi o cordoncini, praticamente impossibili da ridurre.

Anche l’area del solco lacrimale (che è quella porzione che va dal canto interno dell’occhio fino al punto di contatto con la regione zigomatica) è fortemente inadatta a essere trattata con il PMMA. Altrettanto sconsigliato è trattare con questa molecola tutta la palpebra inferiore e anche il dorso nasale (quindi come rinofiller). La probabilità che insorgano in queste regioni complicanze legate alle caratteristiche del prodotto, è troppo alta.

In teoria è possibile programmare dei trattamenti alternativi. Sotto questo punto di vista indubbiamente la farmacopea ci è di aiuto. Le sostanze potenzialmente utili ai nostri “scopi”, che si tratti di acido ialuronico (il prodotto probabilmente più noto), fino ad arrivare ai vari gel di agarosio, piuttosto che idrossiapatite di calcio, per non parlare dell’intramontabile collagene, sono sì disponibili, ma hanno nei confronti del PMMA un grosso limite: quello della durata, che significa tempi di riassorbimento più rapidi. Di questo il paziente deve chiaramente essere edotto.

Poliacrilamide

Fillers semipermanenti

?

Un’altra importante categoria di materiali parzialmente riassorbibili o semi permanenti è la poliacrilamide (poliacrilammide) o PMA.

Anche in questo caso una parte – peraltro una parte piccolissima – di prodotto non riassorbibile è iniettata nel corpo umano e, con un meccanismo completamente diverso dagli altri filler semipermanenti, produce i suoi effetti per lungo tempo, degradandosi con molta lentezza e quindi efficacia di risultato.

Il PMA è attualmente noto come Aquamid, in Italia dal 2000. 

Formacryl e Bio-Alcamyd sono state le versioni iniziali, che hanno aperto la strada all’utilizzo di questo genere di molecola, ma che da tempo sono sparite dal mercato per la grande quantità di effetti collaterali riportati e per la scarsa aderenza agli standard di sicurezza produttivi necessari.

Evolution e Outline sono state versioni più recenti, meno note al mercato italiano dal quale sono anch’esse scomparse abbastanza in fretta, sempre a causa della loro poca affidabilità in termini di sicurezza.

I gel di PMA sono sfruttati da molto tempo in campo medico ed ingegneristico, ad esempio per la realizzazione di lenti a contatto oculari, la purificazione dell’acqua, la conservazione dei farmaci, o come supporto nell’elettroforesi o nella cromatografia. Dai primi anni del 2000 sono stati commercializzati in Europa a scopo estetico per il riempimento dei tessuti molli del viso e non solo. I gel di PMA sono utilizzati con un certo successo nel trattamento delle gravi ipotrofie del viso e del corpo in pazienti HIV+ in terapia retrovirale.

La poliacrilamide (PMA) si presenta sotto forma di un gel trasparente. E’ una molecola altamente idrofilica, quindi sostanza in grado di assorbire, reticolare e trattenere grandi quantità di acqua, formando appunto un gel. La caratteristica di questo idrogel è che l’acqua al suo interno vivrebbe in continuo scambio ionico con l’acqua esterna, e rappresenta peraltro la maggior parte del contenuto dell’impianto stesso (dal 96,5% al 97,5% del prodotto, a seconda del prodotto stesso).

Nel tempo, secondo i dati forniti dalle case produttrici, si assisterebbe ad una continua e lentissima degradazione del gel di PMA, che comporterebbe di conseguenza una sempre minor ritenzione di acqua, fino alla degradazione totale ed al riassorbimento completo dell’impianto. Questo fenomeno dovrebbe verificarsi nell’arco di non meno di una decina d’anni dall’impianto.

Quindi in questo caso il prodotto non è dato dall’insieme di una molecola permanente più una molecola a lento riassorbimento che funziona da veicolante e da stimolo collagenosico, bensì è un prodotto che vive in simbiosi costante con i tessuti nei quali è iniettata. Era stata denominata l”endoprotesi”, quasi a ricordare alla mente la morbidezza e la stabilità di una protesi estetica.

Proprio per la lunghezza della permanenza della molecola all’interno del corpo, comunque, il PMA viene spesso indicato come permanente e non come filler a lento riassorbimento. In realtà, in letteratura i dati sulla durata effettiva del PMA sono controversi.

Negli anni successivi alla messa in commercio dei prodotti più noti, è nato un fitto mercato di prodotti minori sempre a base di PMA, su parte dei quali però non vi è mai stato un reale controllo sulle tecniche di produzione e studi scientifici che dimostrino l’effettiva composizione e sicurezza, in particolar modo sulle quantità e percentuali di residuo di monomero fisso che viene generato dai processi di fabbricazione della molecola, e che parrebbe produrre effetti tossici una volta liberato nel corpo umano.

Questo fenomeno commerciale ha sicuramente contribuito alla graduale limitazione di utilizzo anche delle molecole più pure ed importanti, assistendo clinicamente alla comparsa di complicanze difficili da gestire.

Per l’utilizzo di questi fillers è molto importante rivolgersi ad uno specialista di fiducia che sia esperto nella scelta e nell’utilizzo di questi materiali, che nel tempo si sono dimostrati incompatibili con tutti gli altri prodotti da impianto, anche riassorbibili.

Negli anni l’utilizzo di questa tipologia di fillers è andato molto diminuendo, a causa proprio dell’alta incidenza di complicanze. Classiche complicanze attendibili nel caso di utilizzo di gel di PMA sono: le migrazioni del prodotto, gli edemi localizzati o estesi del volto con arrossamento locale e/o febbre, palpabilità ed indurimento dei prodotti o la formazione di noduli infiammatori dolorosi, le infezioni e le ascessualizzazioni anche a distanza dal sito di impianto, e anche a distanza di anni, nonché i granulomi da corpo estraneo.

È noto dai numerosi studi scientifici pubblicati che questi prodotti possono dare in alcuni casi una risposta immunitaria di basso livello ma prolungata nel tempo che, benché da una parte contribuisca alla stabilizzazione del prodotto nei tessuti, sia anche foriera di alcune delle complicanze sopracitate. L’alterata condizione di immunoregolazione esistente nei pazienti HIV+ sembrerebbe invece essere proprio alla base della buona tollerabilità che questi prodotti hanno dimostrato nei loro confronti

Le metodiche e l’impianto

Come sempre, è fondamentale partire da una diagnosi corretta del problema da risolvere, soprattutto quando si parla di materiali semi-permanenti o permanenti.

In linea generale, è controindicato procedere ad impiantare PMA in sede di infezioni o di infiammazioni della cute, in caso di allergie note alla molecola, in caso di malattie del sistema immunitario, in presenza di malattie sistemiche settiche e non, in caso di herpes attivo.

Il gel di PMA non può essere iniettato nelle sedi in cui sia già presente un filler.

Nel caso di presenza di un filler riassorbibile, è necessario che esso sia completamente riassorbito prima di procedere all’utilizzo di PMA. In caso di presenza di altro filler semipermanente, l’impianto di gel di PMA è controindicato in modo assoluto.

La metodica per iniettare il gel di PMA è la tunnellizzazione, e l’impianto deve essere posizionato per via retrograda.

PMA deve essere iniettato nel derma profondo dei tessuti molli.

E’ sconsigliata l’ipercorrezione in caso di utilizzo di gel di PMA.

Benché sia stato detto che è possibile procedere alla rimozione delle molecole, in caso di insoddisfazione estetica o di insorgenza di complicanze, di fatto questa rappresenta una manovra chirurgica, a volte anche complessa e non sempre eseguibile con successo. Gli impianti di PMA non sono considerabili rimovibili, e questo deve essere tenuto in grande considerazione sia dal medico che dal paziente.

Il trattamento con queste sostanze semipermanenti è ambulatoriale, non richiede ricovero. È molto importante che sia fatto da personale esperto nell’utilizzo di questi filler, e che sia eseguito rispettando tutte le rigorose regole dell’asepsi.

L’impianto può essere percepito come doloroso perché i prodotti non contengono anestetico locale. Su pazienti molto sensibili o timorosi di provare dolore, il medico può prescrivere una crema anestetica da applicare a cura del paziente almeno un’ora prima del trattamento sulle aree interessate.

Appena terminato è possibile generalmente tornare alle proprie attività occupazionali, evitando di utilizzare creme e trucchi per qualche ora. Il vostro specialista saprà darvi tutte le informazioni del caso.

L’eritema lieve che può essere presente subito dopo l’iniezione sparisce nell’arco di poco; il gonfiore è limitato, pur chiaramente dipendendo dal materiale effettivamente usato, dalle quantità impiantate e dalle localizzazioni. Chiaramente questo dipende anche dalla tecnica che viene utilizzata per l’impianto del filler e dalla mano di chi lo esegue.

Eventuali reazioni avverse più importanti, peraltro rarissime, sono da segnalare immediatamente allo specialista.

Nel caso di utilizzo di gel di PMA, l’effetto che si vuole ottenere è quello di un riempimento e di una volumizzazione morbida dei tessuti.

L’utilizzo di molecole permanenti deve essere effettuato con perizia, cautela e lungimiranza: se è vero che non è necessario sottoporsi a sedute continue di ritocchi, è anche vero che l’invecchiamento e la fisiologica cedevolezza dei tessuti nel tempo sono elementi che devono essere tenuti in grande considerazione dal medico specialista, e che questi prodotti non hanno “antidoti” che possano rimediare agli errori.

Entrambe le molecole sono destinate ad un uso profondo nei tessuti molli, pena la loro percepibilità tattile e visiva e l’aumento del rischio di complicanze. Con l’utilizzo di PMA non si ha effetto di  produzione di neocollagene, e deve essere evitata l’ipercorrezione nell’impianto, soprattutto su impianti fini quali le labbra.

Tipicamente, le zone del viso trattate con PMA sono: gli zigomi, con impianto nel derma profondo, i solchi naso-labialiil contorno mandibolare.

Per il trattamento delle labbra il gel di PMA viene usato per la volumizzazione del labbro, proprio grazie alla sua natura idrofilica e alla sua consistenza morbida ed elastica, purché iniettato in sede non troppo superficiale.

Il prodotto è sconsigliato per il trattamento delle rughe della zona periorale, per la zona perioculare e per il trattamento delle rughe fini in generale, ossia per le zone del viso con cute sottile e ad alta mobilità,

Sconsigliato l’uso anche per il trattamento della delicata zona del solco lacrimale (ossia della zona che va dall’angolo interno dell’occhio verso il basso al punto di intersezione con l’area zigomatica), della palpebra inferiore in generale e del dorso del naso, laddove la letteratura dimostra che è molto più facile vedere l’insorgenza di complicanze.

Le alternative terapeutiche sono rappresentate da tutte le altre sostanze disponibili in commercio (acido ialuronicocollagene, gel di agarosio, idrossiapatite di calcio), pur sapendo che nessuna di queste ha una durata paragonabile al PMA.

Telefono: 335 6065911

info.dauroreale.net

© 2022 Dr. Dauro Reale P.IVA: P.I. 09270950158